Il cuore di Napoli sul palco del Cometa Off
Si è chiusa domenica 14 aprile, al Teatro Cometa Off di Roma nel cuore di Testaccio, la lunga e intensa tournée dello spettacolo scritto e diretto da Antonio Grosso dal titolo “Il piccolo principe in arte… Totò”. In scena, accanto allo stesso Grosso, un interprete straordinario: Antonello Pascale. Molto più che una semplice spalla, Pascale si rivela voce e corpo della memoria, attore duttile e profondo, capace di dar vita a un intero universo di personaggi. Insieme, i due danno vita a un racconto poetico, struggente e potente, che ripercorre le vicende giovanili di Antonio De Curtis, in arte Totò, prima che diventasse il Principe della Risata.
Il pubblico si ritrova immerso in un’atmosfera surreale, sospesa, dove la scenografia è ridotta all’essenziale: sei abiti appesi, due altalene e due sedie bastano a evocare tutto l’universo emotivo, artistico e intimo di Totò. Lo spettacolo si apre con i due attori sospesi sulle altalene, simbolo della vita di Totò, fatta di continui alti e bassi, rifiuti e trionfi, sogni e cadute. È lì che comincia il viaggio, dentro e fuori l’anima di un uomo che ha saputo trasformare la sofferenza in arte, la marginalità in genialità, la maschera in mito.

Fonte: Ufficio stampa dello spettacolo
Antonio Grosso indossa Totò con una delicatezza straordinaria, restituendone non solo la mimica e la voce, ma soprattutto l’umanità. Racconta il bambino cresciuto nel Rione Sanità, figlio non riconosciuto, allevato da una madre amorevole ma segnata dalla solitudine. Racconta il giovane attore che cerca di emergere nella Napoli del primo Novecento, partendo dalle imitazioni di Gustavo De Marco, artista dalla mimica burattinesca che fu una delle prime ispirazioni per Totò. E ancora, il ragazzo che sogna il varietà, che inciampa mille volte, che affronta l’indifferenza, il dileggio, i no. Ma che continua, testardo e umile, a credere nel proprio talento.
Pascale, straordinario nel suo poliedrico trasformismo, interpreta una galleria di personaggi che popolano la vita del giovane Totò: la madre e il padre, gli amici di infanzia, il popolo della Sanità, gli impresari, i commilitoni, gli artisti che lo ispirarono e quelli che lo accolsero. Tra questi, spiccano figure storiche come Eduardo e Peppino De Filippo, e i musicisti Cesare Andrea Bixio e Armando Fragna. Pascale cambia voce, corpo, ritmo, emozione, con una naturalezza che incanta e coinvolge, rendendo ogni personaggio vivo, autonomo, memorabile.
Lo spettacolo non trascura gli episodi più curiosi e significativi: come quando Totò si arruolò volontario nell’Esercito Regio nel 1917, per poi simulare un attacco epilettico e farsi trasferire ad Alessandria, evitando il fronte francese. O come l’incontro decisivo con l’impresario Giuseppe Jovinelli, che lo scritturò nel più importante teatro di varietà dell’epoca. Fu lì che Totò debuttò con tre celebri macchiette di De Marco: Il bel Ciccillo, Vipera e Il Paraguay. Da lì, un cammino inarrestabile, che culmina nella consacrazione voluta da Achille Maresca, grande impresario che lo portò al successo definitivo.
La regia di Grosso è asciutta, rispettosa, quasi sacrale. Nessun eccesso, nessuna sbavatura. Ogni gesto, ogni parola, è pesata, pensata, voluta. I costumi curati da Marco Maria Della Vecchia accompagnano con eleganza i passaggi temporali e psicologici del racconto, mentre le luci di Giacomo Aziz scolpiscono gli spazi interiori più che quelli esteriori, dando rilievo a emozioni e stati d’animo.

Fonte: Ufficio stampa dello spettacolo
Uno degli aspetti più commoventi dello spettacolo è proprio questo: la volontà di andare oltre la maschera comica, per restituire l’uomo. Totò è raccontato nei suoi silenzi, nelle sue paure, nei suoi momenti di fragilità. Un artista totale, certo, ma prima ancora un essere umano sensibile, che ha trasformato il dolore in arte, l’umiliazione in leggenda.
Forse, l’unico rammarico è l’assenza di uno dei capitoli più toccanti della vita del grande artista: la storia d’amore con Liliana Castagnola, la donna che si tolse la vita per lui e che Totò volle sepolta accanto a sé. Un episodio che avrebbe potuto aggiungere ulteriore profondità emotiva alla narrazione.
Essendo l’ultima replica della tournée, i due attori si sono concessi libertà di improvvisazione, regalando al pubblico, momenti di genuina ilarità e complicità. Risate vere, nate dal gioco scenico e dall’affiatamento tra i due, che non hanno mai tradito il senso più profondo del racconto, ma anzi, lo hanno arricchito.

Fonte: Ufficio stampa dello spettacolo
Lo spettacolo si chiude con un monologo intenso, una riflessione che Totò fa sul senso del successo, sulla vita, sulla felicità. È un momento di grande verità teatrale, in cui l’attore e il personaggio si fondono, e il pubblico ascolta, commosso, la voce di un uomo che, con umiltà e saggezza, ci dice che non serve essere perfetti per essere amati, ma autentici.
“Il piccolo principe in arte… Totò” non è solo uno spettacolo: è un rito laico, un atto poetico, un omaggio necessario. Un invito a riscoprire le radici della nostra cultura teatrale, a guardare con occhi nuovi chi pensavamo di conoscere già. Grosso e Pascale ci hanno donato un pezzo di storia, ma soprattutto un pezzo di cuore. E noi, spettatori incantati, non possiamo che ringraziarli.
Alessandro Tartaglia Polcini