Se invece di seguitare a cantare “bella ciao”, canzone che i partigiani non cantarono mai, si lavorasse per una pacificazione più che storica culturale, si farebbe un servizio sia alla Storia che all’Italia
Ho resistito per le intere otto puntate in onda su Sky della serie che racconta, a modo suo l’ascesa al potere di Mussolini. Non so in quanti l’abbiano vista, spero pochi. Un racconto tra il grottesco e il farsesco dove il protagonista — Marinelli, normalmente un buon attore — è molto più vicino all’immagine del fascista interpretata dal comico Bracardi che ha quella reale che si affacciava da piazza Venezia.
I fascisti sono tutti, dico tutti, violenti e dediti esclusivamente a orge e volgarità varie, l’unico che ragiona e che interloquisce seriamente con Mussolini è un nano con i baffi, somiglia in modo stringente all’omino della Bialetti. Margherita Sarfatti è poco più di una puttana ad ore. Dall’altra parte Matteotti veste quasi sempre di bianco e tutti i socialisti portano un bellissimo garofano all’occhiello. Addirittura, Matteotti, accerchiato da cinque cattivissimi fascisti si difende e contrattacca picchiando, costringendo uno dei manigoldi ad accoltellarlo a morte. Normalmente un uomo da parlamento contro cinque camicie nere inferocite le prende e basta.
In tutto questo c’è il genio del regista che ogni tre per due fa rivolgere Marinelli alla telecamera per fargli raccontare il retropensiero di Mussolini. In questo modo l’autore può staccarsi completamente dalla storia – chi può conoscere cosa pensasse intimamente il Duce – e gli fa confessare il peggio del peggio che l’umanità può immaginare, lo traduce in un uomo assetato di potere, falso, soggetto a ricatti di ogni genere e chi più ne ha più ne metta.

Fonte: Avvenire
Fu una stagione tragica e una storia politica da abiurare, ma non fu una barzelletta. Le filosofie politiche che si confrontarono, dal fascismo al comunismo, dal nazismo al socialismo furono costruzioni serie che impegnarono menti e popoli sfociando in una guerra sanguinosa ed orribile. Ma il ricondurre anche uno solo di questi pensieri al ridicolo, al grottesco, non è un servizio alla storia. Questa “M” non può e non deve rappresentare l’antifascismo.

Fonte: Sky TG24
Capisco che Scurati e compagni con “l’antifascismo in assenza di fascismo” hanno fatto carriera, ma di pagine scure da raccontare ce ne sono tante, perché non farlo in modo serio. Poi non si capisce perché applicarsi ad un solo capitolo del tempo. Certo è risultato più credibile lo scomunicato Pansa che, dopo una vita da storico di sinistra, ha avuto il coraggio di raccontare anche le orribili pagine di cui si è macchiata la resistenza. Pagine che vanno giustamente contestualizzate come va contestualizzato il fascismo. Gli italiani furono fascisti e non votarono in massa per il Duce perché presi a casa uno per uno. E furono fascisti mentre in Russia c’era Stalin, in Germania Hitler, in Spagna si affermava Franco ed in Jugoslavia Tito.

Fonte: Quotidiano dell’Umbria
L’Inghilterra traduceva l’istituzione del “Dictator” appresa di sana pianta dall’antica Roma repubblicana con l’elezione di Winston Churchill e la Francia, unica Nazione ad affrontare la guerra in piena democrazia e che possedeva più carri armati del Fuhrer, perdeva la guerra in venti giorni. No, non fu una farsa. Tutti quei popoli venivano da una disastrosa guerra combattuta solo venti anni prima che non aveva avuto neanche il pregio di regolare i conti tra loro. Fu l’assoluta ingovernabilità ed il caos che portò al potere gli uomini forti con il bene placido di Re e Parlamenti. Il resto è Storia, ma una Storia francamente non ridicola.
Mio nonno, che purtroppo non ho potuto conoscere, era antifascista e soffrì non poco del regime, ma i racconti di famiglia sono racconti di un regime illiberale certo, ma comunque di una cosa seria, come seria peraltro è sempre una cosa drammatica. Questi racconti farseschi offendono la storia ed anche l’antifascismo, una storia che comunque è la nostra. Dall’album di famiglia non si possono strappare le foto meno gradite. Che si voglia o no è il nostro album. Soprattutto queste narrazioni che pongono una parte nel ridicolo sono nemiche di una pacificazione di cui si sente sempre di più un bisogno urgente. Se invece di seguitare a cantare “bella ciao”, canzone che i partigiani non cantarono mai, si lavorasse per una pacificazione più che storica culturale, comprensiva dei valori di tutti, per poi rimanere ognuno delle nostre idee, si farebbe un servizio sia alla Storia che all’Italia.
Non più ideologie ad escludendum per cui chi non la pensa come me è automaticamente fascista o comunista. Dovremmo veramente tirar fuori dal panorama politico, e sarebbe la vera rivoluzione, chi cerca ancora ragione nella storia invece che riunificazione nel buonsenso.
Ferruccio Zappacosta