Si conclude nella maniera più tragica il trasferimento di asset Ita Airways dall’Italia alla Germania

La firma dell’accordo tra il Governo italiano e Lufthansa per l’ingresso della compagnia tedesca nel capitale di Ita Airways segna un passo che, seppur atteso da tempo, solleva gravi preoccupazioni sul futuro del settore e del tessuto sociale ed economico italiano. L’operazione, del valore di circa 830 milioni di euro, non è solo un semplice passaggio di proprietà, ma un atto simbolico che sancisce la fine di un patrimonio storico, quello di Alitalia, e la sua subordinazione agli interessi di un gigante straniero, in un contesto economico che non sembra avere, tra l’altro, un piano industriale chiaro o ambizioso per il futuro.

Non possiamo non rilevare con amarezza il clamoroso tradimento delle promesse fatte dalla politica, in particolare dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che in campagna elettorale aveva giurato di non cedere mai Alitalia ai tedeschi di Lufthansa. La narrazione populista e sovranista della “difesa degli interessi nazionali” si scontra drammaticamente con la realtà dei fatti: un Governo che, non solo ha acconsentito alla vendita di Ita Airways, ma lo ha fatto in un clima di fretta e di trattative faticose, arrivando a cedere il controllo del 100% della compagnia. E tutto questo, mentre migliaia di lavoratori, ex dipendenti di Alitalia, restano nel limbo.

Infatti, la questione sociale è altrettanta grave e non può essere ignorata. A dicembre, scadrà la cassa integrazione per circa 3.000 ex lavoratori di Alitalia, persone che, purtroppo, non hanno diritto a nessun altro tipo di sostegno al reddito, perché troppo giovani per andare in pensione e troppo vecchie per essere riassunte in altre aziende. La loro condizione, che già da tempo è critica, si sta facendo ogni giorno più insostenibile. Questi lavoratori non sono solo numeri, ma individui con famiglie, con diritti, con un passato che non può essere cancellato dalla fretta di risolvere un contenzioso economico. La loro esclusione dal futuro, sancita da una gestione miope e distante dai reali bisogni sociali, rappresenta una ferita che l’Italia non può permettersi di ignorare.

Fonte: Il Sole 24 ORE

Inoltre, l’accordo con Lufthansa non è solo un tradimento delle promesse politiche, ma un rischio per il futuro della compagnia e del settore aeronautico nazionale. L’ingresso del colosso tedesco in Ita Airways porta con sé un ulteriore indebolimento della sovranità italiana su un asset strategico come quello della mobilità aerea. Il fatto che l’operazione riceverà il via libera definitivo dalla Commissione Europea entro la fine di novembre, come “ultimissimo lascito” di Margrethe Vestager, non fa che accentuare l’impressione che tutto sia stato fatto nel segno di una subalternità a decisioni prese fuori dai confini nazionali, senza una visione chiara di come l’industria del trasporto aereo possa rimanere una risorsa strategica per l’Italia.

Quello che sta accadendo oggi non è un caso isolato né una novità: tutto quanto sta succedendo, È stato previsto e raccontato nel film documentario di Filippo Soldi, vincitore del Nastro d’Argento, “Noi siamo Alitalia – Storia di un paese che non sa più volare”. In quel lavoro, si era messo in luce non solo l’inevitabile declino di Alitalia a causa di scelte politiche ed economiche sbagliate, ma anche le tragiche ripercussioni sul piano sociale ed economico, a partire dal destino dei lavoratori.

Fonte: Corriere della Sera

La nostra previsione si sta purtroppo avverando: l’Italia, incapace di dare un futuro alla propria compagnia di bandiera, si sta ormai arrendendo alla logica dei grandi gruppi internazionali, senza preoccuparsi delle conseguenze per le persone, per l’occupazione e per il nostro patrimonio industriale.

La cessione di Ita Airways ai tedeschi di Lufthansa non si limita a essere una questione economica; è una questione di dignità nazionale. Le scelte politiche fatte oggi rischiano di compromettere per sempre la capacità dell’Italia di gestire autonomamente i propri interessi nel trasporto aereo e in altri settori strategici, esponendo ulteriormente il paese alla logica delle privatizzazioni e delle concentrazioni internazionali che spesso sacrificano i lavoratori e il futuro industriale per il profitto immediato.

È necessario che l’Italia cominci a riflettere su come proteggere le sue risorse strategiche e su come garantire un futuro dignitoso ai suoi lavoratori, che non sono numeri da “razionalizzare”, ma persone con diritti e con una storia. La vendita di Ita Airways a Lufthansa è un passo indietro che, anziché risolvere i problemi, li aggrava. E il conto, in termini sociali ed economici, rischia di essere salato.

Alessandro Tartaglia Polcini

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