Un vero gentleman amato da tutti, anche dagli avversari

Il 26 agosto scorso è venuto a mancare Sven Goran Eriksson, indimenticabile allenatore svedese che aveva fatto del fair play il suo marchio di fabbrica. Se ne è andato in punta di piedi in piena coerenza con i suoi comportamenti orientati alla educazione, alla signorilità, alla cortesia. Mai una scusa dopo una sconfitta, mai una polemica, mai un atteggiamento provocatorio e antisportivo. Un vero gentleman amato da tutti, anche dagli avversari. Sven, sapendo coniugare la fermezza propria del suo Paese di origine alla passionalità tipica di Roma sua città di adozione, possedeva eccezionali capacità nella gestione dello spogliatoio dove non ha mai avuto bisogno di alzare la voce. E la sua passionalità l’ha riversata anche nelle frequentazioni femminili con i tanti flirt a lui attribuiti dai rotocalchi della cronaca rosa.

Eriksson intraprese la carriera da allenatore a soli 26 anni dalle serie minori svedesi. Alla luce dei prestigiosi risultati, venne ingaggiato dal Goteborg con cui nella stagione 1981-82 vinse campionato, coppa nazionale e coppa Uefa raggiungendo il cosiddetto “treble”. Ormai entrato nella ribalta internazionale passò al Benfica dove in un biennio conquistò due scudetti, una coppa federale (centrando il double scudetto-coppa) e una finale di Coppa Uefa. Storica la partita Roma-Benfica del 2 marzo 1983 vinta dai portoghesi annichilendo la forte Roma di Liedholm con una lezione di calcio basata su zona, corsa e pressing asfissiante. Di Sven si invaghì calcisticamente il Presidente romanista Viola che lo portò nella Capitale affidandogli la guida tecnica. Eriksson rivoluzionò la squadra estromettendo i senatori ritenuti non adatti al suo calcio innovativo e promuovendo giovani talenti. I risultati arrivarono alla sua seconda stagione in giallorosso, la 1985-86, quando la Roma rimontò ben otto punti (all’epoca la vittoria valeva due punti) alla Juventus capolista. Il sogno scudetto crollò con l’incredibile sconfitta in casa contro il Lecce già retrocesso. Eriksson, da gran signore, si addossò le colpe di quella debacle sostenendo che avrebbe dovuto isolare la squadra da quel senso di festa nella città per aver già vinto lo scudetto prima ancora di averlo conquistato.

Fonte: Guerin Sportivo

Terminato il suo rapporto con la Roma con cui vinse una Coppa Italia, Sven approdò alla Fiorentina dove formò la “B2”, la coppia formata da Baggio e Borgonovo, tandem d’attacco tra le più prolifiche e spettacolari della storia gigliata. Dopo il ritorno al Benfica con cui perse di misura la finale di Coppa dei Campioni contro il Milan stellare di Sacchi, Eriksson venne ingaggiato dalla Sampdoria sulla cui panchina rimase ben cinque stagioni. A Genova Sven cambiò parzialmente il suo sistema di gioco facendo meno ricorso al pressing e più affidamento sulle qualità tecniche dei calciatori maggiormente dotati come Roberto Mancini.

Nell’estate del 1997 il tecnico svedese tornò a Roma, questa volta sulla sponda laziale, portando nella Capitale i suoi pretoriani cresciuti nella Samp, in primis Mancini e Mihajlovic. Con la Lazio conquistò uno scudetto, due Coppe Italia, due Supercoppe Italiane, una Coppa delle Coppe, una Supercoppa Europea guidando la formazione biancoceleste al primo posto nel ranking mondiale, oltre al record cittadino di 4 derby vinti su 4 disputati in una unica stagione. Sven è l’unico allenatore ad aver conquistato il “double” in tre nazioni diverse (Svezia, Portogallo e Italia) e la coppa nazionale con due squadre della stessa città (Roma).

Fonte: FootItalia.com

Eriksson nel 2001 divenne commissario tecnico della Nazionale inglese con cui, allenando calciatori del calibro di Beckam, Gerrard, Rooney e Lampard, arrivò ai quarti di finale ai Mondiali 2002 e 2006 ed agli Europei del 2004. In seguito, sedette sulle panchine del Manchester City e del Leicester e di altre Nazionali in giro per il mondo (messicana, ivoriana, filippina, cinese).

Fonte: Vanity Fair

Nel gennaio scorso Sven annunciò di essere gravemente ammalato e che gli sarebbe rimasto al massimo un anno di vita. Il 23 marzo scorso esaudì il suo desiderio di allenare il Liverpool ad Anfield guidando i “Reds” seppur per un giorno in Liverpool-Ajax Legends ed in seguito ebbe la forza di salutare i tifosi di Benfica, Sampdoria e Lazio recandosi presso i loro stadi. Prima di morire lanciò un messaggio “Vivete la vita fino alla fine. Spero di essere ricordato come un bravo uomo. Non dispiacetevi per me, sorridete”. È quello che tutti noi cercheremo di fare anche se quel sorriso maschererà qualche lacrima.    

Gian Luca Cocola

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