Hvaldimir, il beluga bianco trovato morto lo scorso 31 agosto in acque vicine alla Norvegia, in realtà era una spia

Venne avvistato per la prima volta nel 2019 mentre nuotava nell’Artico norvegese con addosso una cinghia per l’aggancio e il trasporto prolungato di una microcamera del tipo GoPro riportante una targhetta con la scritta “attrezzatura di San Pietroburgo”. In altre parole, Hvaldimir il beluga, un cetaceo mammifero, era una spia. Singolarità che portò a pensare che il beluga fosse stato addestrato dai militari russi a Murmansk.

Hvaldimir è stato trovato morto a fine agosto, la sua carcassa galleggiava nelle acque vicine alla Norvegia. Aveva da poco compiuto 15 anni, ma è una razza animale che può raggiungere i 60 anni.

Questo beluga era una balena bianca abitudinaria, estremamente amichevole con i norvegesi che gli si erano affezionati per il suo modo d’interagire. L’avevano chiamato Hvaldimir, crasi tra la parola Hval, che significa balena, e il finale del nome Vladimir, in seguito alla teoria spionistica che fosse una spia di Putin.

Fonte: ANSA

Bisogna osservare che la presenza e l’impiego di balene beluga, delfini e alcuni tipi di foche e otarie, secondo quanto si apprende dagli studiosi, possono venire addestrati per condurre missioni di varie marine militari come, ad esempio, la Marina militare russa, Voenno-morskoj flot o VMF, e la Marina militare americana, Us Navy, ma anche la Marina israeliana e della Corea del Nord.

Murmansk è una città da cui prende nome l’omonimo oblast dove sono presenti tutte le basi della Flotta del Nord. Considerata tra le principali flotte russe, con quartier generale a Severomorsk, nella strategica penisola di Kola, bagnata dal Mare di Barents e dal Mar Bianco.

Secondo gli esperti, la balena Hvaldimir aveva compiuto un viaggio lunghissimo, partendo dal Mar Artico per arrivare fino alla costa svedese, dopo avere a lungo visitato le coste e i fiordi della Norvegia. In Svezia, il beluga spia, ormai privo della sua attrezzatura e quindi non più in grado di portare avanti la sua missione di spionaggio, era entrato nel centro portuale di Göteborg l’estate scorsa, proprio nel giorno della festa nazionale svedese, lasciando un ricordo abbastanza particolare nella memoria degli svedesi, dal momento che non è cosa da tutti i giorni vedere un mammifero marino così da vicino e così socievole.  Chi ha visto almeno una volta un delfino giocare con un’imbarcazione da diporto, sa di cosa stiamo parlando.

“Durante la guerra fredda la Marina sovietica era ben nota per il suo programma sui mammiferi marini nel Mar Nero, ma il programma di addestramento fu successivamente chiuso. Meno conosciuta è una unità dell’Istituto biologico marino di Murmansk, dove i programmi sui mammiferi marini sarebbero partiti nel 1984”, scrive in una delle sue ricerche sottomarine l’analista H.I. Sutton. E l’imbracatura trovata sul beluga era molto simile a quelle scoperte su alcune otarie addestrate dai russi.

Il beluga è un cetaceo che ha sviluppato una capacità straordinaria per vivere nell’Artico, abitando le acque sotto la calotta glaciale. Inoltre, possiede alcune particolarità anatomiche, uniche nel suo genere, che lo differenziano da altri mammiferi marini. Tra queste spicca il suo colore bianco, l’assenza della pinna dorsale, un sofisticato apparato di ecolocalizzazione che funge da radar e trova il suo posto, un po’ come negli aerei da combattimento, appena sopra il muso. Il beluga può raggiungere profondità fino a 700 metri, ovvero una profondità superiore a quella della maggior parte dei sottomarini militari.

Alcuni beluga vennero notati dai satelliti nelle acque presso la base russa di Olenya Guba che ospita sottomarini spia per missioni speciali della 29ª Brigata Separata di sottomarini della Flotta del Nord, a supporto della GUGI (Direttorio Principale per la Ricerca in Mare Profondo).

Bisogna ricordare che il primo programma concepito per l’impiego militare di mammiferi marini è stato portato avanti proprio dalla Svezia nel 1941, quando venne istituita un’unità a Gålö, nell’arcipelago di Stoccolma, per addestrare le foche a localizzare mine, sottomarini e siluri, nonché per operazioni di localizzazione contro una proliferazione di sabotatori, incursori e sommozzatori nemici. Ma non è l’unico caso. La Marina di Israele, secondo accuse mosse in passato da Hamas, avrebbe impiegato delfini contro le loro unità di sommozzatori. Un programma per l’addestramento di delfini a scopo militare sarebbe condotto anche dalla Corea del Nord.

La Marina degli Stati Uniti ha sperimentato in passato la quasi totalità dei mammiferi marini, dalle foche, ai leoni marini e i delfini, per svolgere missioni che includevano il recupero di ordigni dal fondale marino, l’intercettazione di sommozzatori nemici e, presumibilmente, anche missioni offensive attraverso l’impiego di mine. Il programma è stato portato avanti principalmente dalla Divisione di Ricognizione e Interdizione della Marina degli Stati Uniti che opera sulla costa del Pacifico.

La Marina russa avrebbe diversi progetti, incentrati sull’impiego delle balene beluga e delle foche nell’Artico, e un altro ancora con i delfini nel Mar Nero, tornato sotto il controllo di Mosca dopo l’annessione della Crimea nel 2014. I delfini da guerra addestrati dai russi sarebbero presenti a Sebastopoli e nella base navale russa di Tartus in Siria.

Date queste premesse, quando Hvaldimir è stato trovato morto, si è pensato che l’avessero volutamente eliminato. Ma la polizia di Stavanger, in Norvegia, ha fatto sapere che non indagherà più attivamente sul caso del beluga perché le ferite individuate sulla carcassa sono superficiali e quindi non compatibili con dei colpi di pistola. L’ipotesi che all’animale avessero sparato degli esseri umani era stata avanzata dall’Ong OneWhale, che aveva richiesto un’indagine.

La carcassa dell’animale era stata trasportata presso l’Istituto veterinario norvegese per l’esame anatomopatologico, cioè per l’autopsia, di cui ora la polizia ha comunicato i risultati preliminari anche se, per il momento, non si sa cosa abbia causato quelle ferite esterne. Tuttavia, nel corpo dell’animale non è stato trovato alcun proiettile. Peccato che il mistero sulle ferite rimarrà senza risposta.

Daniela BLU

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