Rubrica a cura del Sommelier Riccardo Romano
Cari lettori, in questo appuntamento desidero soffermarmi brevemente sulle procedure di affinamento che si collocano normalmente prima dell’imbottigliamento e dopo la svinatura con le quali i vini sono sottoposti a trattamenti stabilizzanti e ad un periodo variabile di maturazione. Preciso che l’olio, invece, dopo il frantoio si può consumare in modo immediato, compatibilmente con il periodo di raccolta e salvo optare per un periodo di maturazione naturale in bottiglia od in contenitore oppure attraverso altra particolare innovativa procedura, cui di seguito accennerò.
Per il vino la maturazione può durare pochi mesi in recipienti di acciaio o vetroresina oppure uno o più anni in botti di legno di diverse capacità. In altri casi il vino può passare un periodo in acciaio e puoi concludere il suo riposo in botte. Queste diverse combinazioni permettono di ottenere vini nei quali si possono trovare intatte la flagranza e l’aromaticità del vitigno oppure la complessità di un bouquet dovuto al lungo riposo in legno. Al riguardo, fino a pochi decenni fa si usavano solo botti di grandi capacità mentre in seguito si sono utilizzate botti più piccole barrique (con capacità intorno ai 225 litri).
Fonte: Candy Valentino
Alcuni vini sono anche fermentati in barrique in cui la temperatura non può essere controllata ed in cui la microporosità del legno permette, inoltre, dei lentissimi scambi di ossigeno, causando variazioni di colore, profumo e gusto del vino con tonalità più calde e sfumature di burro, frutta secca, vaniglia, tè e tabacco. In tal caso, il gusto del vino diventa più morbido ed equilibrato. Nelle piccole botti (oltre al rilascio di tannini eleganti) tutti i fenomeni evolutivi sono più rapidi grazie al maggior rapporto tra le superfici del legno (spesso il rovere) ed il volume del vino.
Se il vino sosta per breve tempo solo in acciaio (come avviene per la maggior parte dei vini bianchi, rosati e rossi da bere giovani), riesce a mantenere i caratteri integri ed originari del vitigno, la freschezza del profumo e del gusto. In questi casi l’imbottigliamento avviene nella primavera successiva all’anno della vendemmia dopo trattamenti di stabilizzazione e filtrazioni brillantanti che eliminano le cellule dei lieviti e tutte le particelle in sospensione, anche quelle invisibili ad occhio nudo, rendendo il vino luminoso. In materia di affinamento e maturazione (in tal caso, dopo il classico processo di vinificazione e il seguente imbottigliamento in vetro) si deve accennare ad un metodo affascinante ed ecologicamente sostenibile, alternativo al variabile periodo di riposo in bottiglia ed in cantina: il metodo subacqueo.
Fonte: Quattrocalici
Tale tecnica, oltre ad ovviare ad eventuali problematiche di spazio in cantina attraverso la concessione di aree demaniali, permettendo temperatura costante, assenza di luce, differenza di pressione e correnti armoniche a profondità di 50-70 metri. In sostanza con l’ausilio di sommozzatori si collocano le bottiglie in una cesta dove rimane a temperatura costante di 13-14° equivalente a quella ottimale di cantina.
Anche per l’olio si è iniziata la sperimentazione con maturazione fino al mese di dicembre, che permette anche in questo caso i vantaggi sopra elencati per il vino oltre alla sostenibilità ambientale e risparmio energetico (una notevole riduzione dell’impatto ambientale e dei costi di condizionamento poiché il mare non necessita di locali dedicati, temperature condizionate, lavorazione meccaniche). Il metodo di affinamento subacqueo, oltre a consentire al vino di evolvere in condizioni ottimali e non riproducibili in superficie, ne esalta un carattere distintivo ed esclusivo proprio dei cosiddetti UnderWaterWines, una nicchia in forte crescita nel settore luxury wines.
Le bottiglie e gli involucri sono indubbiamente affascinanti e peculiari così come la ceralacca che avvolge il tappo in modo ermetico e spesso di difficile rimozione (tranne che per lo champagne al quale la maturazione subacquea conferisce così come ai vini spumanti un perlage finemente integrato oltre ad equivalenza di pressione interna ed esterna la bottiglia) per garantire e proteggere il tappo nelle profondità marine. Tale tecnica subacquea è oggi a livello mondiale non molto diffusa e limitata a 400.000 bottiglie ed in Italia a 180.000 bottiglie che possono essere messe in commercio solo che dopo all’affinamento subacqueo segue la sigillatura con le diciture sulle caratteristiche del vino o dell’olio.
In realtà, il rapporto tra vino e mare risalirebbe a diverse remote epoche e popolazioni. Ai tempi dell’Antica Grecia, ad esempio, si narra che sull’Isola greca di Chio, i viticoltori locali immergessero le uve nelle acque del mare in modo tale da “pulire” gli acini dalla patina bianca, che spesso li avvolge. In questo modo, le uve potevano appassire più velocemente e liberare tutto il loro potenziale aromatico.
Anche tra i Romani era diffusa l’idea che aggiungere acqua di mare alle uve avesse effetti positivi sulla qualità e sull’evoluzione aromatica degli acini. Per quanto riguarda, invece, l’affinamento delle bottiglie di vino nelle acque marine sembra che l’evento scatenante delle prime sperimentazioni, risalente al 2010, nei fondali del Mar Baltico, sia stato il ritrovamento di 168 bottiglie di Champagne tra i resti e i relitti di una nave del XIX secolo, che avrebbe dovuto portare le bottiglie inviate da Luigi XVI allo zar Pietro il Grande. L’affondamento della nave risalirebbe al 1840. Dalle attente analisi condotte da esperti di tutto il mondo è emerso come gran parte delle bottiglie fossero in ottimi stato di conservazione e di grande valore e qualità.
Ma sulle varie tipologie regionali dei vitigni, vini ed oli accennerò nei prossimi appuntamenti.