Il film britannico fresco fresco della conquista dell’oscar come miglior film straniero 2024 in cui nulla è esplicito. Eppure, la tragedia è presente come forse nessuna altra pellicola è riuscita a mostrare
Ci sono film che si muovono esplicitamente all’interno degli argomenti che vogliono affrontare, quasi tutti in verità. Se si tratta del genere Western avremo pellerossa e cowboys, se si parla di guerra avremo battaglie e cannoni e così via. Tutto ciò vale anche per quanto riguarda la Shoà. Ogni strada in questo senso sembra essere stata percorsa, Shindler List, Il pianista, La vita è bella, Train de vie e tantissime altre pellicole, tutti capolavori, affrontano in modo diretto questo scempio compiuto dalle autorità della Germania nazista e dai loro alleati nel secolo scorso. Accade però che ad un tratto esca nelle sale un film che affronta questo tema in modo del tutto diverso.
Stiamo parlando di Zona di interesse film britannico fresco fresco della conquista dell’oscar come miglior film straniero 2024. Nulla è esplicito, nulla si vede, nulla sembra accadere. Eppure, il dramma, la tragedia è presente come forse nessuna altra pellicola è riuscita fino a oggi a mostrare. Immaginate una bella casa, una villa in realtà, un magnifico giardino, addirittura una piscina.
Fonte: Fanpage
E poi bambini, servitù, cibo e bevande e alcol e tutto ciò che mostra benessere e serenità. Dettagli che si adagiano in questa casa come se tutto andasse bene, come se la guerra non esistesse. E in effetti è così. La guerra e le sue brutture non è neanche immaginabile in questo contesto, i morti, le deportazioni, le sofferenze, la fame e tutto il resto sono un sottofondo che non esiste. Tutto procede senza scosse, senza trepidazioni. La casa è abitata dal comandante del campo di concentramento di Auschwitz e dalla sua famiglia, una moglie e una frotta di ragazzini e altre persone addette alla cura della villa.
Fonte: Wired Italia
Il giovane nazista si reca tutti i giorni al lavoro come se andasse in un posto qualunque, che so io, una banca, un negozio o altro. È un uomo preciso e ben organizzato e non ci mette molto ad arrivare nel suo posto di lavoro visto che la casa confina con il campo di concentramento, addirittura il suo muro di cinta è direttamente adiacente a quello del campo.
Tutto si svolge nella più totale tranquillità, la villa sembra ed è un luogo assolutamente inavvicinabile dai fatti esterni. Qualcuno mi faceva notare che questo film più che dalle immagini è segnato dai suoni. Rumori che in lontananza riecheggiano come in un sogno, un incubo in realtà. La banalità del male viene qui raccontata senza che il male sia mostrato ed è stupefacente quanto l’immaginazione sia preponderante rispetto a ciò che non viene fatto vedere. Sembra di vedere ogni cosa, ogni infamia. La fame, il freddo, il terrore, la solitudine, trasudano da questa pellicola come se fossero in sala con noi.
Fonte: Fumettologica
Una mattina la moglie del padrone di casa riceve un pacco, dentro c’è una pelliccia e altri indumenti. Lei si pavoneggia davanti allo specchio con il visone e distribuisce il resto ai figli, poveri resti di povera gente, poi poggia la pelliccia sul letto e annoiata riprende a vestirsi. Tutto normale, tutto senza passato né futuro. E allora ci contorciamo sulla poltrona del cinema, ci sentiamo indignati, offesi, impotenti, vorremmo gridare al regista che basta, che non si può essere tanto indifferenti davanti ad atteggiamenti così bastardi. E dunque capiamo. Il nostro disgusto è vivo perché la narrazione coinvolge la mente più di quanto non immaginassimo. Il tutto avviene piano, quasi dolcemente e sempre piano, l’indignazione monta e ci sentiamo impotenti come se i fatti narrati, non narrati in verità, fossero attuali, presenti. Forse lo sono.
Questo film ci colpisce proprio per questo. Quanta guerra, quanto dolore, quanto scempio naviga intorno a noi. Quanti fatti ci coinvolgono solo per pochi istanti e poi basta cambiare canale e ogni bruttura si assopisce, per poi svanire del tutto.
Il film che, come dicevo, ha giustamente ottenuto l’Oscar come miglior film straniero, diretto magistralmente dal regista britannico Jonathan Glazer, si avvale di attori straordinari, prima fra tutte Sandra Huller, che senza cadere in una inadeguata recitazione di maniera, riescono a calarsi nei personaggi in punta di piedi, quasi che una interpretazione anche di poco al di sopra delle righe potesse ridurre il grande patos che doveva pervadere la pellicola.
Da vedere per riflettere, anche se si esce dalla sala con un senso di fastidio che a mio avviso però ci fa bene.
Lello Mingione