Il film del regista finlandese potrebbe essere assimilato a un giallo, una storia con due vite sulle quali lo scorrere del tempo sembra esistere solo per esplicare la sua funzione di passaggio
L’amore con una sfaccettatura forte e delicata allo stesso tempo, impalpabile, ma anche concreta. Lo spettatore lo cerca con affanno, sente che c’è, ma non riesce ad esserne convinto fino in fondo.
Ecco, “Foglie al vento”, il nuovo film del regista finlandese Aki Kaurismäki, potrebbe essere assimilato a un giallo, una storia con due protagonisti e due vite sfuggenti, due vite sulle quali lo scorrere del tempo sembra esistere solo per esplicare la sua funzione di passaggio mentre sulle loro teste vola leggera l’illusione di un amore che sembra non volersi mai lasciare afferrare.
Fonte: MyMovies
Una vita dura e ingrata quella di Holappa, operaio, ubriacone solo e depresso e Ansa, commessa di supermercato licenziata per avere portato a casa una scatoletta di cibo scaduto. Anche Holappa perde il lavoro, l’alcol lo rende inaffidabile e così si ritrova solo, a vagare tra un bar, per bere, e luoghi improbabili dove cercare rifugio per la notte. Una serata karaoke e i due si incontrano.
C’è attrazione e diffidenza e timidezza e chissà quanto altro. Si incontreranno di nuovo, sempre per caso, questa volta riescono a prendere un appuntamento e vanno al cinema. All’uscita lei gli lascia il suo numero di telefono, ma qualche istante dopo Holappa lo perde. Sarà ancora il caso a farli incontrare di nuovo, questa volta però con la tenacia del desiderio di rivedersi per entrambi. Accadrà davanti al cinema dove si erano lasciati l’ultima volta.
Lui vorrebbe e anche lei, ma quando tutto sembra volgere al meglio Ansa gli dice che, se vuole vederla ancora, deve smettere di bere. Holappa però non è ancora pronto. Anche stavolta si perderanno e chissà se ci sarà un’altra occasione.
Come in un giallo perfetto non sapremo fino agli ultimi fotogrammi come andrà a finire. Il mondo che hanno intorno è respingente e inumano, ma forse l’umanità è proprio così. Nessuno che possa né vuole aiutarti, ma non è vero odio, è solo una specie di disgusto e diffidenza di uno verso l’altro.
Il film si muove leggero in questa nuvola di incomunicabilità in una Helsinki grigia e nebbiosa, tra fabbriche fatiscenti e pub e bar desolanti, lanciando tuttavia di tanto in tanto delle perle di ironia che ci rimettono sulla strada giusta, come a voler indicare che, se da una parte la vita non è certo una passeggiata, dall’altra la capacità di sollevarsi si annida proprio in noi stessi e nell’ironia della vita.
Fonte: Style Magazine – Corriere
Questo ultimo lavoro di Kaurismaki chiude una quadrilogia dedicata al tema del lavoro iniziata nel 1986 con “Ombre in paradiso” per passare poi ad “Ariel” del 1988 e a “La fiammiferaia”dell’anno seguente. Il ciclo sembrava ormai chiuso e invece ecco che con questo “Foglie al vento” il regista finlandese torna a emozionarci su un tema evidentemente a lui molto caro.
Nel film, oltre ai protagonisti Alma Poysti e Jussi Vatanen, rispettivamente Ansa e Holappa, perfettamente calati nell’affresco narrativo voluto da Kaurismaki, compaiono come in un sogno richiami al grande cinema: un manifesto di “Rocco e i suoi fratelli” di Visconti, così come accenni a Godard, a David Lean e a Bresson. Curiosamente anche il cane di Alma si chiama Chaplin.
Tutte le immagini sembrano rifarsi a un periodo storico antico, ad esempio non compare mai uno schermo televisivo né un’auto moderna o una pubblicità attuale. Tuttavia, la realtà della nostra epoca viene continuamente evocata dal gracchiare di una vecchia radio che ci tiene aggiornati sulla guerra in Ucraina.
Il finale Chapliniano ci lascia tuttavia sperare in qualcosa di buono, come una favola dolce nella quale ognuno di noi vorrebbe forse rifugiarsi.
Lello Mingione