Un film ben fatto e da vedere, anche alla luce di quanto purtroppo avviene ormai da tempo nel nostro Mediterraneo
Che cosa fare se i naufraghi della nave nemica che hai appena affondato si trovano a trecento miglia dalla costa più vicina e senza un tuo intervento sono praticamente destinati a morte certa? Da qualche giorno è uscito nelle sale il lungometraggio di Edoardo De Angelis Il comandante, film ambientato nella Seconda guerra mondiale, precisamente nell’ottobre del 1940 a pochi mesi dall’entrata dell’Italia nel conflitto, che trasporta sul grande schermo la vera storia di Salvatore Todaro, comandante del sommergibile Cappellini della Regia Marina.
Todaro è un uomo tutto d’un pezzo che, nonostante sia sofferente per un incidente occorsogli durante una esercitazione su un idrovolantre, decide di non accettare l’offerta di pensionamento anticipato e di imbarcarsi al comando del sommergibile Cappellini destinato a una missione di agguato nelle acque dell’Atlantico. L’umanità e la sensibilità di Todaro vengono subito messe in evidenza dal rapporto che stabilisce con il suo equipaggio, un concetrato di uomini provenienti da tutta la penisola.
Fonte: MYmovies
Il cibo, protagonista assoluto dei sogni dei marinai, le battute goliardiche e l’entusiasmo con il quale gli uomini a bordo affrontano la missione, sembrano stemperare l’atmosfera bellica. Ben presto però il conflitto si presenterà con tutto il suo potenziale drammatico. La navigazione in mare aperto, dopo l’attraversamento dello stretto di Gibilterra, in cui un marinaio perde la vita, posiziona il sommergibile nel suo scacchiere di guerra, l’immenso spazio delle acque insidiose dell’oceano Atlantico, in cui naviga il nemico.
L’incontro con un mercantile belga, un cargo ufficialmente neutrale, ma che si muove a luci spente, spingerà Todaro a ordinare l’attacco e la nave, dopo uno scontro a fuoco durato alcune ore, si inabisserà. Fin qui tutto più o meno normale, una guerra, un attacco e un affondamento. Ma che cosa succede se davanti alla prua del sommergibile ora ci sono dei naufraghi, nemici certo, ma pur sempre uomini?
È il dilemma della guerra: la vita, la morte e la coscienza personale. Al quale però si aggiunge l’essenza stessa del marinaio. L’uomo di mare che sente impellente il bisogno di salvare le persone, prima di tutto. E il comandante Todaro credeva fermamente in questa legge non scritta: prestare aiuto a chiunque rischi di perdere la vita in mare.
Fonte: Filmitalia
Il film, che ha inaugurato la mostra di venezia 2023, ha, fra gli altri, il pregio di raccontare i fatti in modo lineare e senza retorica, lasciando nello spettatore l’immagine di una dimensione dell’eroismo priva di enfasi. Pierfrancesco Favino è perfetto nei panni di un personaggio difficile, a volte sopra le righe, che a tratti può sembrare contraddittorio.
Da sottolineare lo sforzo dalla produzione che ha, prima costruito e montato lo scafo del Cappellini negli Studios di Cinecittà, e poi lo ha smontato, trasportato e rimontato a Taranto, all’interno del bacino di carenaggio Ferrati dell’arsenale, grazie anche al fondamentale supporto della Marina Militare.
Che dire, dunque, un film ben fatto e senz’altro da vedere, anche alla luce di quanto purtroppo avviene ormai da tempo nel nostro Mediterraneo.
Chiuderei ancora con Todaro. All’ammiraglio tedesco Karl Dönitz, che lo derise definendolo un “Don Chisciotte del mare” e lo minacciò di gravi conseguenze per aver soccorso i nemici mettendo a rischio il suo stesso equipaggio replicò con una frase memorabile: “noi siamo marinai, marinai italiani, abbiamo duemila anni di civiltà sulle spalle, e noi queste cose le facciamo”.
Lello Mingione