L’opera recupera sia lo stile melodico che armonico del XVIII secolo, ma in modo assolutamente personale
“La carriera di un libertino”, un recente titolo della stagione invernale del celebre Teatro Colón di Buenos Aires, sorprende per la creatività della sua regia e la qualità dei suoi interpreti.
L’opera composta dal maestro russo Igor Stravinskij (già autore di famosi titoli quali “La sagra della primavera” e “La storia del soldato”) è una produzione diversa da quella che il compositore creava all’inizio del Novecento, poiché recupera sia lo stile melodico che armonico del XVIII secolo, ma in modo assolutamente personale.
Fonte: teatrocolon.org.ar
Considerata l’ultima opera di Stravinsky del periodo neoclassico, “The Rake’s Progress” (titolo originale) è stata composta tra il 1948 e il 1951 ispirata da una serie di otto incisioni del pittore William Hogarth (1732-1733) che illustrano il graduale declino di un pigro giovane erede che sperpera la sua fortuna nel gioco d’azzardo e nel piacere solo per finire in Bedlam Asylum.
Stravinsky ha colto d’immediato la possibilità di una sequenza di tableaux d’opera in questa serie, dando la possibilità di far rivivere l’atmosfera del XVIII secolo. Il suo amico scrittore Aldous Huxley lo mise in contatto con il poeta W. H. Auden, considerato il britannico Paul Valéry, per scriverne il libretto.
Il protagonista diventa un uomo debole, pigro e sognatore, portato alla rovina da un misto di Mefistofele e Leporello, padrone e servo insieme.
La leggenda del Faust non è lontana, con una proposta di patto che si trasforma in un affare andato a male. Soprattutto quando si aggiunge il personaggio di Anne Trulove che rappresenta “l’amore vero e redentore”, incarnato qui dalla bravissima Andrea Carroll.
L’ombra di Don Giovanni incombe anche su questo libretto accuratamente redatto, spinto dal puro piacere dell’invenzione teatrale. In un primo momento Stravinsky fu criticato per aver composto un pastiche, un mero riassunto di un’opera di Mozart, sintomatico di una crisi di ispirazione. Mozart può fungere da riferimento stilistico per la partitura, nella quale si può anche rilevare l’influenza di Rossini e Donizetti, ma ciò non ha impedito a Stravinskij di affermare il proprio linguaggio musicale di ambiguità tonali e armoniche.
L’opera è diventata un punto fermo del repertorio alla fine degli anni ’70 proprio per questa sua stranezza, risultato di un sorprendente equilibrio tra passato e modernità, moti conservatori e nuove prospettive.
Lo spettacolo, condotto in modo brillante e creativo dal regista argentino Alfredo Arias, divide l’opera in due atti, rispettivamente con cinque e quattro scene, e una morale cantata in forma di epilogo dall’intero cast.
Fonte: Olyrix
Un ambiente unico per tutte le scene che si ispira a un’aula universitaria di anatomia, a ricordare come si possa scavare nel profondo non solo del corpo, ma anche dell’anima.
I costumi settecenteschi di Julio Suárez e le luci magistrali di Matìas Sendón aiutano a ricreare quell’atmosfera spensierata, ma allo stesso tempo profonda e lugubre che ci ricorda che pur di una tragedia si tratta.
“La carriera di un libertino” è un capolavoro del repertorio lirico universale, la cui musica può suonare sorprendente al pubblico, abituato ad altri suoni di Stravinsky, ma è consigliabile approfittare di vederlo quando qualche teatro decide valorosamente di inserirlo in cartellone.
Roberto Begnini